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Pronto soccorso e guardie mediche, situazione preoccupante

La preoccupazione è esternata dal sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna

di Chiara Scucces -

Quella dei reparti di emergenza-urgenza, è materia che conosce bene il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna, già primario del pronto soccorso all’ospedale Maggiore-Baglieri di Modica.

Oggi torna sull’argomento vista la sempre più preoccupante la condizione in cui versano i tre pronto soccorso e le guardie mediche della provincia. A  Modica, Ragusa e Vittoria opera lo stesso numero di unità mediche occorrenti per il funzionamento di 1 solo Pronto Soccorso, denuncia Ammatuna. Stessa situazione nei 4 PTE di Pozzallo, Scicli, Chiaramonte e Comiso, in cui complessivamente sono in servizio 7/8 medici che è poco più il numero previsto per 1 solo PTE. Le 2 ambulanze medicalizzate di Ragusa e Modica non riescono a garantire sempre la presenza medica H 24 perché qualche turno rimane scoperto, mentre quella di Vittoria garantisce la presenza medica in collaborazione con il P.T.E. di Comiso e Chiaramonte Gulfi con il risultato chealternativamente riamangono scoperte di unità mediche, tranne rare occasioni, una o più postazioni per turno. Negli altri Comuni sono operative ambulanze senza personale medico. Situazione precaria anche per le guardie mediche dove a tutt’oggi non sono ancora pronti i turni di guardia del mese di novembre per la grande difficoltà di reperire medici. Una situazione che non lascia spazio ad altri sentimenti che non siano il pessimismo

In base alla dotazione organica dell’ASP, nei tre pronto soccorso dovrebbero esserci 50 medici, ce ne sono 19. Il concorso indetto alla fine di gennaio per 31 posti è andato semi-deserto. Si sono presentati solo 9 candidati, ne sono risultati idonei quattro: di questi uno non si è presentato, un medico era già operativo al pronto soccorso, uno è uno specializzando che quindi prenderà servizio non nell’immediato, un solo medico ha avuto un contratto firmato nei giorni scorsi.  Le difficoltà sono oggettive, ma tutto questo non può essere un alibi, c’è di mezzo la salute ma soprattutto la vita delle persone