Cronaca
La Procura torna a indagare sul delitto Mattarella
La Procura di Palermo è tornata a indagare sull'omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, assassinato il 6 gennaio del 1980 davanti alla sua abitazione, nel centro di Palermo
Nuove svolte nell’indagine sull’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana assassinato il 6 gennaio 1980. La Procura di Palermo, coordinata da Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella, ha iscritto nel registro degli indagati due persone legate a Cosa nostra, accusate di essere stati gli esecutori materiali del delitto. Finora, per l’omicidio del presidente democristiano, fratello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sono stati condannati in via definitiva i mandanti: i boss mafiosi della commissione di Cosa nostra che deliberarono la condanna a morte.
I giudici avevano invece assolto i terroristi neri Valerio “Giusva” Fioravanti e Gilberto Cavallini, precedentemente accusati da Giovanni Falcone di essere i sicari del delitto. L’indagine è stata a lungo ostacolata da depistaggi e false informazioni che avevano fatto credere che gli esecutori potessero non appartenere alla mafia. Falcone stesso, nel 1990, dichiarò in Commissione antimafia che l’omicidio di Piersanti Mattarella “presuppone un coacervo di convergenze di interessi di grandi dimensioni” e ipotizzò l’esistenza di “mandanti esterni” accanto alla mafia.
Secondo quanto riportato da ‘La Repubblica’, la Procura avrebbe raccolto nuove prove e testimonianze, coperte dal massimo riserbo, che rafforzano il quadro accusatorio contro i nuovi indagati. Le nuove evidenze potrebbero contribuire a fare luce su uno dei delitti più emblematici della storia recente d’Italia, segnato dall’intreccio tra mafia, politica e interessi esterni.