Agrigento

La madre chiamata a riconoscere il cadavere del figlio

Storie atroci che arrivano dal mare

di Sergio Randazzo -

E’ toccato alla madre ivoriana, Miriam, riconoscere il cadavere del figlio di un anno e mezzo morto nel naufragio di uno dei due barchini colati a picco sabato nel canale di Sicilia. Una storia struggente che rischia di inabissarsi come tante storie di morti in mare raccontate negli ultimi anni. La giovane ivoriana viaggiava, con in braccio il figlio, quando il barchino, partito da Sfax, si è inabissato. Per ore – ha raccontato ai mediatori culturali e ai poliziotti – la 23enne, nel mare in tempesta, ha tenuto stretto, fra le braccia, il figlio. Quando poi non ce l’ha fatta più, perché era stanca e sentiva freddo, lo ha affidato ad un connazionale che era in mare accanto a lei. Il piccolo è però annegato e la mamma lo ha scoperto domenica sera: fino ad allora aveva creduto che il figlio, assieme al connazionale, fossero in un’altra struttura o in ospedale. La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato. E la notte scorsa il team della Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere, ha salvato 47 persone che erano a bordo di una pericolosa imbarcazione di ferro in area sar maltese. Il gruppo ha riferito che 3 persone erano finite in mare. I 49 sopravvissuti attualmente a bordo della Geo Barents sono in stato di shock e in pessime condizioni, dopo aver vissuto situazioni terribili ed essere rimasti bloccati in mare per sei giorni.