Agrigento

Fu prigioniero dei nazisti, condannata Germania

Il tribunale di Sciacca stabilisce un risarcimento ai figli di Pietro Buscetta

di Chiara Scucces -

Il giudice monocratico del tribunale di Sciacca ha condannato la Repubblica Federale di Germania, “quale governo successore del Terzo Reich”, a risarcire con quasi 80mila euro gli eredi di Pietro Buscetta, riconosciuto vittima di deportazione, prigionia di guerra e riduzione in schiavitù. L’uomo, originario di Partanna, nel Trapanese, e morto nel 1992, aveva preso parte alla seconda guerra mondiale come allievo finanziere di terra. Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 43 Buscetta avrebbe dovuto fare ritorno a casa. Ma, come altri 600 mila militari italiani, fu catturato in territorio italiano dai militari tedeschi e deportato in  Germania, dove rimase per due anni. Periodo nel quale il soldato fu ridotto in stato di sostanziale schiavitù, privato dello status di prigioniero di guerra, costretto a lavori usuranti e non retribuiti, denutrito, percosso, privato delle scarpe e sottoposto a condizioni igieniche pessime. Il tribunale di Sciacca ha dunque ritenuto fondato l’atto di citazione presentato dai quattro figli dell’uomo, considerando il trattamento subito da Buscetta come “crimine di guerra e contro l’umanità, lesivo dei diritti inviolabili della persona”. Durante le udienze è stata ammessa la testimonianza di un nipote di Pietro Buscetta, che ha riferito il contenuto di un racconto di anni prima in cui lo zio, parlando proprio del periodo in cui era stato prigioniero in Germania, ricordava di come fosse stato costretto “a mangiare bucce di patate o erbaccia”, e di come , quando non riusciva a raggiungere gli obiettivi di produzione dei lavori forzati a cui era costretto, veniva “bastonato a sangue”. “La responsabilità di tali fatti – osserva il giudice nella sua sentenza – deve essere ascritta al Terzo Reich trattandosi di crimine commesso dalle forze armate tedesche”. Il giudice ha accolto la richiesta del danno non patrimoniale, quello scaturito dalle sofferenze fisiche e psichiche subite dal soldato durante la prigionia per la ingiusta privazione della libertà personale. Risarcimento quantificato in 40mila euro più la stessa somma per gli interessi maturati nel corso degli anni.