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“Dopo l’allarme siamo finiti in mare”. Domani le autopsie

Intanto su quattro dei sette corpi delle vittime del naufragio i medici legali del Policlinico di Palermo hanno eseguito le tac. Lunedì verranno effettuate le autopsie.

di Redazione -

Appena ha visto rinforzarsi il vento ha dato l’allarme. Nessun ritardo, nessuna colpa. Matthew Griffiths, il marinaio di turno in plancia sul Bayesian, il veliero affondato davanti alle coste palermitane il 19 agosto, ha raccontato ai pm quella notte maledetta in cui la nave è colata a picco, nel giro di pochi minuti, con sette persone rimaste intrappolate e morte nelle loro cabine. Parole drammatiche riferite agli inquirenti quando ancora non era formalmente indagato dalla Procura di Termini Imerese, che tuttavia l’ha iscritto qualche giorno dopo nel registro degli indagati per naufragio e omicidio colposo plurimo.

“Ho svegliato il comandante quando il vento era a 20 nodi. Lui ha dato ordine di svegliare tutti gli altri. Io poi ho messo via i cuscini e le piante, chiuso le vetrate del salotto a prua e alcuni boccaporti”, ha riferito il marinaio secondo quanto appreso dall’ANSA. Griffiths è difeso dagli avvocati Mario Scopesi e Corrado Bregante, che assistono anche l’ufficiale di macchina Tim Parker Eaton. Il terzo indagato, il comandante James Cutfield, è invece assistito dal penalista palermitano Giovanni Rizzuti.

Nel naufragio hanno perso la vita sette persone: il magnate inglese Mike Lynch e la figlia 18enne Hannah, l presidente della Morgan Stanley International Jonathan Bloomer e sua moglie Anne Elizabeth Judith Bloomer, l’avvocato Chris Morvillo e la moglie Nada e il cuoco di bordo Ricardo Thomas. Nulla il marinaio avrebbe raccontato sui portelloni, che non erano di sua competenza, e che, per i pm, sarebbero rimasti aperti facendo entrare la valanga d’acqua che avrebbe causato l’affondamento del veliero. Una “dimenticanza” fatale contestata invece all’ufficiale di macchina. “La nave si è inclinata – ha proseguito Griffiths – e siamo stati sbalzati in acqua. Poi siamo riusciti a risalire e abbiamo cercato di salvare quelli che potevamo”. Una testimonianza drammatica dei momenti concitati che hanno preceduto il naufragio. “La barca era inclinata e camminavamo sulle pareti. Abbiamo messo in salvo chi potevamo, anche Cutfield ha salvato la bambina piccola e sua mamma” ha aggiunto riferendosi a Charlotte Golunski e alla figlia Sophia, sopravvissute col marito James Emsilie. Le difese dell’ufficiale di macchina e di Griffiths potrebbero ora chiedere due consulenze tecniche: una ingegneristica per accertare lo stato della nave e capire se vi fosse un guasto di cui nessuno era a conoscenza e un’altra meteorologica per comprendere se la tempesta che si è abbattuta sulla nave sia stata un evento improvviso e violento o se fosse prevedibile.

Quella notte c’era un forte temporale nella zona ma, secondo i legali degli indagati, non ci sarebbero stati nè avvisi meteo di burrasca nè allarmi particolari. Lo stesso pm di Termini Imerese Raffaele Cammarano aveva parlato di “un evento repentino e improvviso” e spiegato che il veliero era stato “investito da un downburst”. Gli accertamenti potranno essere disposti comunque solo dopo il recupero del relitto – pare che la nave non avesse una scatola nera ma che gli apparati tecnici potrebbero avere lasciato traccia sui server a cui sono collegati – che dovrebbe avvenire a ottobre. Intanto su quattro dei sette corpi delle vittime del naufragio i medici legali del Policlinico di Palermo hanno eseguito le tac. Lunedì verranno effettuate le autopsie.