Agrigento

Donna sfregiata con l’acido, arrestata per calunnia, non fu lei la vittima

Davanti agli inquirenti aveva sostenuto che doveva prendere dei vestiti e lo zainetto della figlia

di massimilianoadelfio -

Svolta a sorpresa nelle indagini sulla vicenda della donna che il 5 dicembre scorso aveva denunciato il marito accusandolo d’averle gettato addosso dell’acido nel tentativo di sfregiarla. La presunta vittima, che ha 50 anni, è stata infatti arrestata.

Ordinanza in carcere

Nei suoi confronti i poliziotti della squadra mobile di Agrigento e del commissariato di Palma di Montechiaro hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di sfregio permanente e calunnia. Sarebbe lei, dunque, la responsabile dell’aggressione. Il marito, 48 anni, ricoverato al centro grandi ustioni dell’ospedale Cannizzaro di Catania con gravi ferite alle mani e al collo, era stato arrestato subito dopo il fatto con l’accusa di lesioni personali gravissime. La sua versione è stata sempre opposta rispetto a quella fornita dalla moglie: “È stata lei ad aggredirmi – aveva detto al gip -, quella bottiglietta con l’acido non l’ho neppure toccata”. La donna, al contrario, aveva raccontato di essersi allontanata dalla casa protetta ad indirizzo segreto, dove era stata trasferita dopo avere denunciato presunte violenze da parte del coniuge, commettendo una leggerezza. Davanti agli inquirenti aveva sostenuto che doveva prendere dei vestiti e lo zainetto della figlia. In casa, sempre secondo la sua versione, avrebbe trovato il marito con una bottiglietta in mano contenente dell’acido che le avrebbe gettato sul viso. La donna se l’è cavata con 20 giorni di prognosi. Il giorno dopo l’episodio, che aveva suscitato una grande eco sulla stampa, il procuratore di Agrigento Giovanni Di Leo aveva stigmatizzato “la diffusione incontrollata di notizie” invitando “alla massima cautela”. “L’interesse pubblico su una simile vicenda, acuito da recenti, plurimi, gravissimi episodi di violenza di genere non può e non deve scadere – aveva sottolineato il procuratore – nella morbosità, nel linciaggio mediatico o nella formazione e diffusione di voci e notizie incontrollate, a detrimento della serenità e completezza degli accertamenti, della genuinità degli atti, e soprattutto dei diritti alla riservatezza delle persone coinvolte e dell’indagato”.