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Dalla guerra di mafia alla semilibertà, il caso Paolello

Una decisione che lascia attoniti i familiari delle sue vittime

di finmedia -

Era il volto di una mafia spietata, il braccio armato di una guerra che tra gli anni ’80 e ‘90 ha trasformato Gela in un campo di battaglia. Orazio Paolello, oggi quasi sessantenne, ha ottenuto la semilibertà. Il tribunale di sorveglianza ha valutato il suo percorso e ha concesso un allentamento della detenzione: al mattino potrà lavorare, ma la notte dovrà comunque rientrare in carcere.

Un nome che ancora pesa, con un passato scritto nel sangue: 34 condanne, cinque per strage, 41 omicidi tra tentati e consumati. Era lui a decidere chi doveva morire per piegare la città al pizzo. Come nel caso di Gaetano Giordano, il commerciante estratto a sorte tra chi si era ribellato al racket e assassinato sotto casa sua.

E oggi, Franca, la vedova di Giordano, continua a trasformare il dolore in impegno nei percorsi di giustizia riparativa. La notizia della semilibertà di Paolello ha riacceso in lei ricordi dolorosi e domande senza risposta.

Paolello non ha mai collaborato con la giustizia, non ha mai chiesto perdono ai familiari delle vittime. Eppure, da anni si dice cambiato, vicino a realtà come “Nessuno tocchi Caino”, che si batte contro il carcere a vita. Una conversione sincera o solo una strategia per uscire prima?

Mentre la giustizia concede una nuova possibilità a Paolello, Gela è cambiata. Quegli anni di piombo sono un ricordo che pesa, ma la città ha imparato a rialzarsi, anche se la memoria resta. E per molti, la vera giustizia è che nessuno dimentichi mai quel passato.