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Imparare a dire di no anche seguendo l’esempio di Rosalia

La scrittrice palermitana Giuseppina Torregrossa, ieri a Modica ha presentato il suo ultimo romanzo "La Santuzza è una rosa"; la presentazione organizzata alla vigilia del 25 novembre perchè il romanzo, seppure storico, propone spunti di riflessioni e tematiche quanto mai attuali. Dal palco del Teatro Garibaldi, la scrittrice ha parlato anche di questo.

di Chiara Scucces -

Messaggi che raccontano temi eterni possono essere affidati anche alle pagine di un romanzo, alle parole di un personaggio immaginario che però diventa portavoce di riflessioni che dovrebbero essere gridate a gran voce. Giuseppina Torregrossa lo ha fatto con il suo ultimo libro “La Santuzza è una rosa” presentato ieri sera al Teatro Garibaldi di Modica; il romanzo, storico, che è imperniato sulla figura di Santa Rosalia e di come divenne patrona amatissima di Palermo diventa occasione per ribadire, appunto, temi eterni: il diritto alla libertà, il diritto a dire di no, il diritto a vivere come si vuole. Rosalia, nell’opporsi al matrimonio con Baldovino e nell’essere riuscita a far valere il suo volere, rappresenta ancora oggi una speranza per chiunque voglia intraprendere la strada della libertà

Al di fuori delle contestualizzazioni che oggi, purtroppo, diventano d’obbligo più che mai, La Santuzza è una rosa è, come detto, un romanzo storico ambientato a Palermo fra il 1613 e il 1624; la città è spaccata fra un’aristocrazia arroccata nei suoi privilegi e il popolo sempre più povero. In questo contesto, la religione prova ad fungere da sostegno e forse collante in una città stanca quanto le sue quattro patrone, un po’ dimenticate e accantonate. Ci vuole qualcuno che riesca a riaccendere la fede, a dare speranza ai poverelli e a riunire una città sull’orlo della catastrofe: Rosalia che diventerà la nuova, amatissima, patrona della città di Palermo