Cronaca
Palermo, notte di lavoro per i VV.F. per spegnere le vampe di San Giuseppe
Sassi contro i Vigili del Fuoco intervenuti per mettere in sicurezza la zona allo ZEN
Notte di lavoro intenso per i vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo e per le forze dell’ordine, impegnati fino alle prime ore di questa mattina a spegnere le tradizionali ‘vampe’, roghi che vengono accesi per le strade durante la giornata. Pesante il bilancio dei danni: due autopompa serbatoio sono state danneggiate dal lancio di sassi e oggetti pesanti che hanno sfondato i parabrezza dei mezzi, mentre un vigile del fuoco colpito allo zigomo da un sasso è stato trasportato in ospedale e poi dimesso con sette giorni di prognosi. Sono stati complessivamente 44 gli interventi: in molti casi le ‘vampe’ sono state realizzate utilizzando i cassonetti dei rifiuti. Numerose le zone della città coinvolte: dalla periferia (Zen, piazza Guadagna e Bonagia) al centro storico, fino agli storici mercati rionali del Capo o del quartiere Zisa.
Roghi per san Giuseppe a Palermo, tra religione e folklore Antropologo, tradizione secolare che risale a preistoria
I roghi accesi a Palermo da ieri sera e durante la notte, cha hanno provocato scontri tra chi li ha innescati e le forze dell’ordine, sono legati ad una tradizione che da secoli si ripete nel capoluogo siciliano “Impossibile datare con certezza l’origine delle vampe di San Giuseppe, in quanto l’uso di accendere il fuoco per propiziarne il volere dei santi è un fenomeno che risale alla preistoria. La presenza delle vampe nel centro storico di Palermo è sicuramente attestata a partire dall’Ottocento, come riferisce Giuseppe Pitrè”, afferma l’antropologo Ignazio Buttitta. “Il rito prevede che bambini dell’unità rionale di appartenenza, ma anche gli adulti, gli uomini nelle fasi più impegnative dell’iter rituale (costruzione della catasta, accensione del fuoco…), le donne come donatrici di oggetti domestici in disuso da destinare alla combustione, siano impegnati nella preparazione dei falò”, prosegue il docente universitario. “All’interno di grandi aree scelte per preparare la vampa, possiamo individuare tre spazi specifici: lo spazio di raccolta della legna (soprattutto operata dai bambini), il luogo di accensione della vampa e lo spazio esterno (spazio del furto dove si compiono le scorrerie per rubare la legna di altri gruppi)”, ricordano Nara Bernardi e Orietta Sorgi che hanno realizzato una ricerca per l’archvio delle tradizioni popolari siciliane “Ogni spazio di raccolta segna i limiti di una micro unità territoriale precisa e il luogo dell’accensione della vampa si trova sempre all’interno di essa. Si inizia a ‘mpustari i ligna dopo che tutti i materiali raccolti sono stati trasportati sul posto. Devono essere selezionati i pezzi più pesanti e voluminosi per ottenere una struttura quanto più resistente: di una vampa è valorizzata non solo l’altezza ma anche la durata e la sua solidità nel sopportare il peso della legna anche dopo lo spegnimento delle fiamme”, aggiungono. “La forma della catasta è perlopiù conica perché deve essere quanto più alta possibile e la sua cima esibisce spesso qualche oggetto curioso. L’accensione, che deve avvenire quannu scura, è un momento considerato pericoloso: ad occuparsene sono perciò i ragazzi più grandi e non devono essere utilizzati materiali che possano interrompere la combustione”, ricorda Buttitta La tradizione legata al folklore prevede che “la sera del 18 marzo i fuochi lampeggiano ovunque nei quartieri popolari: la luce e il calore emanati dalle fiamme sono al centro dei primi apprezzamenti che si mischiano agli schiamazzi dei bambini. Ancora diffuse sono le invocazioni al Santo . Attorno al fuoco si raccolgono le persone più povere del quartiere e in rarissimi casi vi si butta ancora il pane (ricevuto in dono l’anno precedente da chi aveva fatto il voto a San Giuseppe) tra le fiamme”.