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Dissalatore fantasma, una storia di abbandono e promesse

Il maxi-impianto di dissalazione di Gela è ormai in disuso, tra erbacce e ruggine, eppure il quinto modulo bis torna al centro dell'attenzione della Regione

di finmedia -

…… All’ingresso del vecchio impianto di dissalazione di Gela, lo scenario è desolante. Erbacce e ruggine hanno preso il sopravvento sul sesto modulo di quello che un tempo era un impianto all’avanguardia. Costruito negli anni Settanta per servire la raffineria e la città, oggi è uno dei tre impianti che la Regione vorrebbe riattivare per fronteggiare la crisi idrica. Ma il progetto di rimetterlo in funzione solleva molti dubbi.

Quando fu inaugurato nel 2006, era considerato un gioiello tecnologico, ma la sua attività si interruppe dopo soli sei anni, anche a causa dei problemi giudiziari di Pietro Di Vincenzo, allora a capo di Confindustria, la cui azienda ne gestiva il funzionamento. La crisi venne amplificata anche dai debiti che la stessa Regione aveva accumulato con Eni per la gestione degli impianti e per la fornitura dell’acqua dissalata.

Oggi, a 14 anni dalla sua dismissione, l’impianto è poco più di un ammasso di lamiere arrugginite. Eppure, la Regione sembra determinata a riportarlo in vita. Un’operazione complessa, come confermano alcune fonti interne a Eni, che da mesi dialoga con i tecnici regionali. Nel frattempo, il colosso industriale ha dismesso tutti gli impianti accessori necessari al funzionamento del dissalatore, dalla fornitura elettrica alle condutture. Nonostante la disponibilità al confronto, tempi e costi per un’eventuale riattivazione continuano a lievitare, tanto che la Regione starebbe valutando l’idea di costruire un nuovo impianto.

Intanto, la Piana di Gela resta colpita dalla crisi idrica: le dighe sono vuote, e le condutture in pessime condizioni. Il ritorno dell’impianto “fantasma” a pieno regime sembra sempre più un miraggio.